Mirko Visentin

Vivo, scrivo, camino pa’l cortivo.

Prove tecniche di logotipo

Un racconto di grafica editoriale e di economia circolare

A inizio gennaio, alla storica Feltrinelli di Piazza Duomo, adocchio gli Studi su Dante di Erich Auerbach: un classico della saggistica dantesca, in cui sono raccolti tutti gli scritti sul poeta fiorentino pubblicati dal filologo tedesco tra il 1929 e il 1954, tradotti in italiano da Maria Luisa De Pieri Bonino – per il tedesco – e Dante Della Terza – per l’inglese – e pubblicati per la prima volta in Italia dall’editore Feltrinelli nell’ottobre del 1963. 

Questo stando ai crediti dell’edizione che trovo nello scaffale, la più recente, pubblicata nell’aprile del 2022 nella collana Universale Economica Saggi, sempre di Feltrinelli. Prezzo di copertina: € 13. 

Continuando a sfogliare il volume scopro – ma c’era da immaginarselo – che non si tratta di un’edizione riprogettata e reimpaginata ex novo, ma di una ristampa anastatica di una delle varie edizioni che l’opera ha avuto nel tempo e in diverse collane, sempre per i tipi della casa milanese (oltre alla prima del 1963 nella collana “Fisb”, quella del 1966 in “SC/10”, quella del 1984 in “Campi del sapere” e, infine, quella del 2005 nella “Universale Economica”, di cui l’edizione del 2022 è l’undicesima ristampa), con tutti i difetti di leggibilità tipici dei testi digitalizzati, magari riadattati a nuovi formati e stampati con tecniche e su carte super economiche. 

Chiamo allora mio figlio e lo rendo partecipe di un esperimento. Apro l’app di eBay sul mio iPhone, lancio la ricerca “auerbach studi su dante feltrinelli”, scrollo un po’ di risultati finché trovo per € 3,5 + 5 di spedizione una copia in ottime condizioni dell’edizione del 1966 (quella del 1963 sembra introvabile). Aggiungo al carrello e acquisto.

Morale? Applicando le leggi dell’economia circolare, in pochi tocchi ho ridato vita culturale – non solo materiale – a un libro destinato col tempo al riciclo della carta, magari un po’ ingiallito e sgualcito, ma  sicuramente più curato tipograficamente di questa insipida ristampa anastatica. E ho risparmiato 5 euro.

Ma non è finita. Nel giro di pochi giorni il libro arriva. Apro curioso il pacco: le condizioni sono ottime, a parte alcune sottolineature a penna (che però gli donano una certa umanità); inoltre, non solo il volume appartiene alla prima tiratura dell’edizione del 1966, finita di stampare il «23 marzo 1966», e ristampata fino a i primi anni ’80 ma l’opera di Auerbach risulta essere la numero 1 della “Serie Cultura”: in altre parole, con Studi su Dante Feltrinelli inaugurava questa nuova collana il cui scopo – espresso programmaticamente prima del frontespizio – è creare 

una nuova e moderna concezione editoriale: l’high quality paperback, come è stato chiamato in America e in Inghilterra, e cioè l’edizione economica, grazie a un’alta tiratura, di opere di alto livello culturale e scientifico. In Italia il libro di cultura, sia esso l’opera storica, l’indagine sociologica, filosofica o scientifica, il saggio di estetica o di critica letteraria, ha quasi sempre un prezzo superiore alle possibilità del lettore medio.

SC/10, in virtù di un prezzo accessibile, presenta ora a un vastissimo pubblico una serie di libri che si distinguono per rigore di selezione, praticità di formato ed eleganza grafica. 

«Ed eleganza grafica…», dice. Sembra di sentire risuonare le parole del tipografo e grafico editoriale Jan Tschichold, a proposito del suo lavoro di restyling dei Penguin Books, iniziato nel 1947: «Non abbiamo bisogno di libri pretenziosi per ricchi, abbiamo bisogno di più libri comuni ben fatti». E in effetti la grafica di copertina non mi giunge nuova, devo averla vista da qualche parte, in qualche libro di grafica… Sfoglio un altro paio di pagine e il mistero è risolto: in fondo al colophon leggo «Design Bob Noorda & Massimo Vignelli / Unimark». 

Noorda e Vignelli, fondatori dello studio Unimark International, sono due tra i graphic designer più influenti degli anni ‘60 e ‘70. Assieme, in quello stesso 1966, iniziano a progettare la segnaletica integrata della metropolitana di New York, commissione ricevuta dopo che Noorda, tra il 1963 e il 1964, aveva progettato l’innovativo sistema di segnaletica della Linea 1 della metropolitana di Milano, tutt’ora in uso. 

Ma la cosa curiosa è che a vedere questa copertina, con quelle tre grosse fasce oblique, viene subito in mente il logo stesso della Feltrinelli, di cui questo progetto grafico non è altro che il lontano antesignano visto che a progettarlo, a 15 anni di distanza, sarà proprio Bob Noorda. Lo ricorda lui stesso, nel libro-intervista Una vita nel segno della grafica (Milano, Lazy Dog, 2021):

Il marchio [di Feltrinelli], invece , è stato costruito sul quadrato, tagliato in diagonale e ruotato di quarantacinque gradi, partendo proprio dalla collana degli economici di cui ti parlavo [la “SC/10”]

Insomma, da un fatterello di cronaca privata si è sviluppato un vortice di pensieri attorno al destino dell’editoria e della grafica editoriale. Passare dal progetto neo-modernista di Noorda/Vignelli per la collana “SC/10” ai quadretti didascalici delle ultime edizioni degli Studi su Dante – siano pure essi La deposizione di Cristo di Giotto usata nel 2005 o l’ottocentesco dipinto di Giuseppe Frascheri della ristampa del 2022 – è segno dei tempi che corrono, in cui gli obiettivi programmatici della “Serie Cultura” non possono che battere in ritirata di fronte alla fast culture del web o alla junk culture dei social network. Così, anche i marchi più danarosi dell’editoria italiana, invece di reinvestire su testi che hanno fatto la storia di molte discipline, si limitano a riproporli svogliatamente, in ristampe anastatiche e con copertine senza arte né parte, tanto in libreria scomparirebbero nell’assordante rumore visivo di fondo. E poi, diciamocelo: se qualcuno li vuole, li cerca e li trova su Amazon, no!?

Ma forse è meglio così, meglio riproporre tale e quale una cosa fatta quando aveva ancora un senso farla – e farla bene – piuttosto che rifarla oggi, senza budget né consapevolezza, col rischio che succeda quello che è successo con il colophon dell’ultima edizione del nostro povero Auerbach. Perché il colophon, quello lo devi aggiornare ad ogni nuova edizione e ristampa, e nel 2005 qualcuno, nella fretta, ha invertito le ultime due cifre dell’anno di pubblicazione dell’articolo Figurative Texts Illustrating Certain Passages of Dante’s Commedia uscito su “Speculum” di ottobre 1946 – e non del 1964 – e omesso l’anno di pubblicazione di Dante’s Addresses to the Reader del 1954. A distanza di 17 anni nessuno si è preso la briga di verificare e correggere, ma come dargli torto?

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